Il ruolo dell’ammoniaca nella transizione energetica

La sostenibilità del trasporto marittimo, che vale il 2 per cento circa delle emissioni globali di CO2 legate all’energia, è una questione grande e di difficile risoluzione: le batterie vanno bene per le automobili ma non sembrano adatte alle imbarcazioni che percorrono lunghe distanze; mentre l’idrogeno liquido – un combustibile promettente ma ancora molto costoso, nella sua variante “pulita” – occupa troppo spazio rispetto alla quantità di energia che riesce ad accumulare. Del tema se ne è discusso alla COP27 con la Green Shipping Challenge, un’iniziativa internazionale volta proprio ad accelerare l’adozione di carburanti “verdi” nelle navi da carico al posto di quelli a base di petrolio, che contribuiscono non solo all’effetto serra ma anche all’inquinamento dell’aria nelle zone portuali.
Una risposta al problema forse ci sarebbe. Oggi viene utilizzata soprattutto per produrre fertilizzanti e detergenti, ma l’ammoniaca ha le caratteristiche giuste per essere una risorsa fondamentale nella transizione ecologica: può sostituire gli idrocarburi nelle navi, innanzitutto, e può anche rimpiazzare il carbone nelle centrali termoelettriche dei paesi in via di sviluppo.
L’ammoniaca è un composto formato da idrogeno e azoto che, non contenendo atomi di carbonio, non emette CO2 quando viene bruciata. Rispetto alle batterie e all’idrogeno, poi, possiede una densità energetica maggiore: significa che immagazzina più energia a parità di volume. Infine, il fatto che l’ammoniaca sia una materia prima già molto scambiata elimina la necessità di creare da zero una catena del valore dedicata: le infrastrutture per produrla, trasportarla, riceverla nei porti, distribuirla e stoccarla ci sono già.
La società tedesca Aurubis ha cominciato di recente a testare il consumo di ammoniaca nelle fornaci che lavorano il rame, un metallo necessario per i cavi che collegheranno alla rete elettrica i tanti parchi eolici e solari sparsi sui territori e le acque nazionali. L’ammoniaca affiancherà il gas naturale con una quota del 20 per cento (si parla di co-firing o co-combustione, in gergo): il risparmio stimato in termini di emissioni, se l’esperimento avrà successo, è di quattromila tonnellate di CO2 all’anno.
Il co-firing con l’ammoniaca è una strada percorribile anche dalle centrali a carbone, che potranno così ridurre il loro impatto emissivo ed evitare la dismissione.
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