Le “Big Tech” hanno fame di energia geotermica

Marco Dell'Aguzzo
1 min readSep 9, 2024
Il centro dati di Meta a Los Lunas, New Mexico.
Il centro dati di Meta a Los Lunas, New Mexico.

Di recente Meta Platforms, la società che controlla Facebook, Instagram e WhatsApp, ha firmato un accordo per l’acquisto di energia geotermica da una startup texana chiamata Sage Geosystems. Quello che appare come un normale contratto di fornitura elettrica nasconde però dietro di sé una storia più grande, che parla di innovazione tecnologica e della difficoltà di conciliare la transizione digitale con la sostenibilità climatica.

L’accordo tra Meta e Sage riguarda infatti lo sviluppo di un impianto geotermico avanzato da 150 megawatt – cioè quanto serve per soddisfare il fabbisogno elettrico di 40.000 abitazioni, all’incirca –, che verranno utilizzati per alimentare i centri dati dell’azienda di Mark Zuckerberg. I data center sono le infrastrutture fisiche alla base del funzionamento e del progresso dell’intelligenza artificiale generativa; sono parecchio energivori – un grosso centro dati può consumare 150 MW, appunto – e richiedono una fornitura costante di elettricità: ventiquattr’ore al giorno, ogni giorno.

Attualmente i centri dati rappresentano il 4 per cento della domanda elettrica totale degli Stati Uniti ed entro il 2030 potrebbero arrivare al 9 per cento. Ma la fonte geotermica, su cui Meta ha puntato, fornisce appena lo 0,4 per cento dell’elettricità della nazione: perché questa scelta, allora?

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Written by Marco Dell'Aguzzo

Giornalista: mi occupo di energia e di tecnologie per la transizione ecologica. Mi trovate su Wired, Linkiesta e Startmag.

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