Si può produrre carburante per aerei davvero sostenibile?

Il 23 settembre gli Stati Uniti hanno pubblicato la strategia governativa per incentivare la produzione e l’utilizzo dei carburanti sostenibili per l’aviazione (anche noti come SAF, da sustainable aviation fuels). Come spiega il dipartimento dell’Energia, i SAF sono carburanti a base di idrocarburi ed emettono anidride carbonica quando vengono bruciati nei motori degli aerei, ma complessivamente ne rilasciano quantità inferiori rispetto ai carburanti tradizionali al cherosene (jet fuels).
I SAF, dunque, possono permettere una riduzione dell’impatto climatico del trasporto aereo fin da subito, anche perché le batterie e l’idrogeno non saranno disponibili su larga scala prima del 2050, dichiarano da Washington.
Già un anno fa l’amministrazione del presidente Joe Biden aveva detto di voler rendere disponibili almeno 3 miliardi di galloni di SAF all’anno entro il 2030, per arrivare poi al 2050 con delle quantità sufficienti a soddisfare l’intera domanda annua dell’aviazione, stimata sui 35 miliardi di galloni di combustibile. L’obiettivo è tagliare le emissioni di gas serra di almeno il 50 per cento e mettere le compagnie aeree americane in una posizione di forza rispetto alle rivali straniere, allineandole ai parametri di sostenibilità richiesti dall’azione climatica globale. Delta Air Lines, per esempio, intende sostituire il 10 per cento del jet fuel con del SAF.
Pure l’Unione europea ha definito una strategia propria sui carburanti sostenibili per l’aviazione: si chiama ReFuelEU ed è «nelle fasi finali del suo percorso legislativo», ha spiegato a Linkiesta Matteo Mirolo, Sustainable Aviation Policy Officer di T&E. «Prevede un mandato di miscelazione del cherosene con i SAF in tutti gli aeroporti europei, secondo percentuali crescenti dal 2025 al 2050. Include anche un sotto-obiettivo per i carburanti sintetici prodotti con idrogeno verde e CO2, che rispetto ai biocarburanti hanno il vantaggio di non dipendere dalle materie prime e di essere molto più scalabili».
Le materie prime ad oggi largamente più utilizzate per produrre i SAF sono i grassi animali, gli oli vegetali esausti, il mais o la soia. È un fatto problematico proprio dal punto di vista della sostenibilità, perché la crescita della domanda di colture da parte dell’aviazione potrebbe finire per incentivare la deforestazione o per dirottare i beni agricoli verso scopi industriali anziché alimentari, complicando l’accesso al cibo da parte delle nazioni meno sviluppate.
«Dobbiamo evitare di fornire un rimedio peggiore della malattia», dice Mirolo.
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