La cattura della CO2 può decarbonizzare gli oceani e l’edilizia

Per mitigare i cambiamenti climatici e impedire che la temperatura media della Terra aumenti di 2 gradi Celsius, ridurre le emissioni fino al loro azzeramento netto – è l’obiettivo che l’Unione europea, gli Stati Uniti e altri paesi si sono prefissati di raggiungere entro il 2050 – non basta. Le Nazioni Unite e l’Agenzia internazionale dell’energia dicono che la rimozione dall’aria di miliardi di tonnellate di anidride carbonica già presenti è altrettanto fondamentale. Il metodo per farlo ad oggi più utilizzato, nonché quello preferito dalle aziende per compensare l’impatto delle loro attività, è la riforestazione, che rischia però di diventare un comodo diversivo. È vero che gli alberi sono degli assorbitori naturali di CO2, ma impiegano tanto tempo per crescere ed è impossibile piantarne abbastanza da avere un influsso benefico a livello globale; senza contare che se un bosco brucia – e non è raro, di questi tempi –, la CO2 viene rilasciata di nuovo nell’atmosfera.
C’è bisogno, dunque, di soluzioni tecnologiche efficaci e applicabili su una scala più ampia. I sistemi di cattura diretta dall’aria (Direct Air Capture, DAC), con le loro ventole aspiranti, sono promettenti ma ancora lontani dalla maturità: costano molto e non riescono a gestire quantità massicce di carbonio. Il loro sviluppo, incentivato dai fondi pubblici – gli Stati Uniti, con l’Inflation Reduction Act, hanno previsto crediti d’imposta fino a 180 dollari per tonnellata di CO2 catturata –, dovrebbe renderli più performanti. Ciononostante, per ragioni economiche è probabile che la DAC resti comunque una tecnologia di nicchia: non un silver bullet, insomma, bensì un’opzione utile in un ampio ventaglio di possibilità.
A proposito di possibilità, un team di ricercatori del MIT, l’Istituto di tecnologia del Massachusetts, invita a cambiare completamente la direzione dello sguardo: a rivolgerlo in basso, invece di tenerlo fisso verso l’alto. Le discussioni dei policymaker e gli sforzi cerebrali degli studiosi si concentrano infatti sull’atmosfera e tendono a ignorare gli oceani, che pure svolgono un ruolo fondamentale nell’alleviamento della crisi climatica, assorbendo il calore che altrimenti rimarrebbe nell’aria e accogliendo circa un terzo della CO2 prodotta dall’umanità. Senza questo vasto “serbatoio di carbonio” blu, il riscaldamento globale sarebbe un fenomeno ancora più grave.
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