In teoria, basterebbe l’energia del mare

Un aforisma un po’ beffardo di un famoso giocatore di baseball americano dice che «in teoria non c’è differenza tra teoria e pratica, ma in pratica c’è». In teoria, si potrebbe fornire elettricità all’intera popolazione della Terra – e ne avanzerebbe pure tanta – sfruttando l’energia racchiusa nei mari e negli oceani: un’energia abbondante, continua, rinnovabile, prevedibile e anche pulita. In pratica, però, gli sforzi fatti finora per estrarre l’energia delle maree e del moto ondoso non hanno quasi mai dato i risultati sperati: gli impianti vengono erosi dalla salsedine e danneggiati dagli impatti continui, e i costi di mantenimento elevati convincono gli operatori a rinunciare. L’episodio più infelice fu quello di Pelamis, un’azienda britannica che nel 2008 installò nelle acque del Portogallo un generatore di elettricità dalle onde – una struttura lunga cinque chilometri e paragonata a un serpente marino, dal costo di 9 milioni di euro –, solo per smantellare tutto dopo un paio di settimane a causa dei malfunzionamenti.
L’Agenzia internazionale dell’energia stima che dall’energia oceanica si potrebbero produrre 80.000 terawattora di elettricità, tre volte tanto il fabbisogno mondiale. Secondo l’IRENA, l’Agenzia internazionale per le energie rinnovabili, tra onde e flussi di maree il potenziale teorico è di 30.700 TWh all’anno. Nel pratico la situazione non è altrettanto esaltante. In un rapporto pubblicato un anno fa da Ocean Energy Europe, un’associazione di categoria, si legge che dei 30,2 megawatt di capacità da flusso di marea installata in Europa dal 2010, nel 2021 risultavano attivi soltanto 11,5 MW; nello stesso periodo, la capacità da moto ondoso è passata da 12,7 MW a 1,4 MW. Ma alcune nuove tecnologie promettono di rivoluzionare il quadro.
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