L’India vuole diventare la “fabbrica del mondo” delle rinnovabili

Marco Dell'Aguzzo
2 min readSep 11, 2022
Due operai trasportano un pannello fotovoltaico danneggiato in un parco solare nel Gujarat, in India.
Due operai trasportano un pannello fotovoltaico danneggiato in un parco solare nel Gujarat, in India. (Amit Dave/Reuters)

A fine agosto, durante l’assemblea generale di Reliance Industries Limited, il presidente Mukesh Ambani ha detto che l’India può diventare una «alternativa credibile» alla Cina per la manifattura di tecnologie per le energie pulite: pannelli solari, batterie, elettrolizzatori per l’idrogeno, celle a combustibile. È stato un messaggio doppiamente carico di ambizione, il suo. Sia perché Pechino produce da sola circa l’80 per cento dei pannelli solari e il 70 per cento delle batterie agli ioni di litio di tutto il mondo. E sia perché Reliance – ha sede a Mumbai – è un conglomerato attivo soprattutto nella petrolchimica: un settore completamente legato agli idrocarburi, quindi, che con le fonti rinnovabili non ha niente a che vedere.

Nel suo discorso Ambani – l’ottavo uomo più ricco del pianeta, secondo Forbes – ha presentato i dettagli di un investimento nelle energie verdi da 9,4 miliardi di dollari che la sua compagnia aveva anticipato l’anno scorso, per diversificare il business e allinearsi alla transizione ecologica. I capitali verranno utilizzati per la costruzione di cinque grandi fabbriche nello stato del Gujarat, nell’India occidentale: la prima sarà dedicata ai pannelli fotovoltaici, la seconda ai sistemi di accumulo, la terza all’idrogeno da elettrolisi, la quarta alle celle a combustibile e l’ultima all’elettronica di potenza (per collegare gli impianti rinnovabili alla rete di trasmissione elettrica). Entreranno in funzione tra il 2023, il 2024 e il 2025.

Ambani non è in realtà l’unico, in India, intenzionato a cavalcare le occasioni economiche e industriali dell’azione climatica. Gautam Adani di Adani Group, un altro multimiliardario che deve il suo patrimonio ai combustibili fossili, ha messo le mani su un ricco lotto di impianti di generazione rinnovabile e parlato di investimenti per 70 miliardi. Perfino Coal India, società statale che si occupa di estrazione del carbone, vuole mettersi a produrre componentistica di base per il fotovoltaico.

Il governo di Nuova Delhi gradisce e incoraggia questo interesse delle aziende: impone dazi sulle importazioni di celle e moduli solari; valuta incentivi alla produzione di elettrolizzatori, dei macchinari necessari all’ottenimento di idrogeno da fonti rinnovabili. E nel contempo rilancia la narrazione di un’India capace di rivaleggiare con la superpotenza manifatturiera cinese.

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Written by Marco Dell'Aguzzo

Giornalista: mi occupo di energia e di tecnologie per la transizione ecologica. Mi trovate su Wired, Linkiesta e Startmag.

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