John Kerry, il pragmatismo e l’ottimismo climatico

Marco Dell'Aguzzo
2 min readJan 18, 2024

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(Julia Nikhinson/AP)

John Kerry, l’inviato speciale per il clima degli Stati Uniti, lascerà l’incarico nei prossimi mesi, forse sul finire dell’inverno o all’inizio della primavera, molto probabilmente per assistere il presidente Joe Biden nella campagna per la rielezione. La notizia – data da Axios e poi ripresa dal resto della stampa – è povera di dettagli ma comunque rilevantissima: a lui si deve infatti il recupero della credibilità americana sull’azione climatica dopo che la precedente amministrazione di Donald Trump aveva ritirato il paese dall’accordo di Parigi del 2015; un accordo, peraltro, reso possibile proprio dal lavoro preparatorio di Kerry.

John Kerry ha ottant’anni e un curriculum più che notevole: è stato senatore del Massachusetts, candidato del Partito democratico alle elezioni presidenziali del 2004 (le vinse George W. Bush) e poi segretario di stato dal 2013 al 2017, sotto Barack Obama. Il posto di inviato per il clima l’ha ottenuto nel novembre 2020 da Biden – i due sono anche amici – con degli obiettivi ben precisi: far percepire il distacco con l’amministrazione Trump; mostrare vicinanza alle richieste delle nuove generazioni, che chiedono azioni concrete contro il riscaldamento globale; restituire all’America la leadership politica nell’azione globale per il clima.

In questi tre anni dall’assunzione della carica, Kerry ha senza dubbio ottenuto tanto.

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Written by Marco Dell'Aguzzo

Giornalista: mi occupo di energia e di tecnologie per la transizione ecologica. Mi trovate su Wired, Linkiesta e Startmag.

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