L’Europa e l’Italia possono competere con la Cina sui pannelli solari?

Per facilità di collocazione e generale disponibilità della fonte primaria, l’energia solare è destinata ad assumere un ruolo fondamentale nei mix elettrici “puliti” della transizione ecologica globale. L’Unione europea, che nel 2023 ha raggiunto una capacità di generazione di 259 gigawatt (due anni prima non arrivava a 165 GW), la considera un «elemento costitutivo» del suo piano per la neutralità climatica. La Commissione stima anche che entro il 2030, o forse già nel 2025, ci saranno 1 milione di posti di lavoro legati all’energia solare a livello comunitario. Non è chiaro però che tipo di posti di lavoro saranno: gli impiegati del settore, cioè, si occuperanno della costruzione dei pannelli fotovoltaici, o si limiteranno all’installazione di dispositivi realizzati altrove?
La questione energetica si intreccia non solo con quella climatica, ma anche con la tematica economica e tecnologica; e ad oggi il 95 per cento dei moduli solari installati nel blocco sono stati precedentemente importati dalla Cina, il maggiore produttore mondiale. È un dato che cozza con i target industriali di Bruxelles, che con il Net-Zero Industry Act ha fissato per il 2030 un obiettivo minimo di produzione interna del 40 per cento per tutte le cosiddette “tecnologie pulite”, pannelli fotovoltaici inclusi.
Ci si domanda allora se la manifattura europea – o italiana, nel nostro caso specifico – riuscirà a reggere il confronto con quella cinese, molto più economica non soltanto per i minori costi del lavoro e dell’energia ma anche per via del dominio sulla filiera: la Cina vale circa l’80 per cento della capacità produttiva mondiale di polisilicio, ad esempio, un materiale di base indispensabile per i pannelli solari. Si trova in Cina anche il 95 per cento della capacità produttiva di wafer, l’85 per cento di celle e il 75 per cento di moduli.
La Commissione europea ha calcolato che i cinesi riescono a produrre pannelli solari a un costo di 16-18,9 centesimi per watt di capacità di generazione; le aziende americane sono sui 28 centesimi per watt e quelle europee intorno ai 24,3-30 centesimi.
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