La transizione ecologica ha bisogno della plastica

Abbiamo un problema con la plastica che è ben più profondo di quello che crediamo. Quando pensiamo alla plastica, infatti, pensiamo soprattutto alla sua dispersione nell’ambiente e alla necessità di ridurne lo spreco, magari favorendo il riciclo. Oltre all’impatto ambientale, però, esiste anche un impatto climatico della plastica, che è un derivato del petrolio e del gas naturale e che vale il 3,4 per cento delle emissioni globali di gas serra.
Secondo un vecchio ma ricco studio del World Economic Forum, nel 2014 la produzione della plastica assorbiva il 6 per cento della domanda petrolifera mondiale; nel 2050 potrebbe arrivare al 20 per cento, considerata la tendenza all’aumento dei consumi di questo materiale. L’OCSE prevede che al 2060 i rifiuti plastici triplicheranno a livello internazionale, stimolati dalla crescita demografica e dei redditi: la metà di questi scarti finirà in discarica, e meno di un quinto verrà avviato a riciclo.
Già oggi il riciclo è disincentivato in quanto antieconomico. La plastica vergine costa infatti molto meno di quella riciclata perché c’è una sovrabbondanza di etilene – il composto chimico di base, ricavato dagli idrocarburi – sul mercato. Prima del 2019 era il contrario, faceva notare il Financial Times. Poi però si è verificato un forte incremento della produzione petrolchimica in Cina e negli Stati Uniti, e tutto questo surplus di capacità ha fatto crollare i prezzi dell’etilene. In un contesto del genere, i riciclatori faticano a operare e le aziende sono meno propense a distaccarsi dal materiale vergine.
La transizione ecologica ha bisogno del riciclo per ridurre i rifiuti di plastica e l’impronta carbonica delle economie in direzione della cosiddetta “circolarità”. E ha bisogno di un’industria chimica in buona salute: c’è plastica nelle automobili elettriche, nelle torri eoliche e nei pannelli solari, solo per limitarci alle principali “tecnologie pulite”; le turbine che trasformano l’energia del vento vengono lubrificate con prodotti a base di petrolio. Invece il settore chimico europeo non è messo bene.
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