Il petrolio unisce America e Cina contro l’OPEC+

Marco Dell'Aguzzo
2 min readNov 24, 2021
Cisterne per il petrolio alla riserva strategica di Freeport, in Texas.
Cisterne per il petrolio alla riserva strategica di Freeport, in Texas. (Richard Carson/Reuters)

Cinquanta milioni di barili di petrolio verranno prelevati dalla riserva strategica degli Stati Uniti, la scorta a cui il paese attinge in situazioni di emergenza, e immessi sul mercato. L’obiettivo: far abbassare i prezzi del greggio – fino a poche settimane fa erano sopra gli 85 dollari, e tendevano verso l’alto – e rimuovere un ostacolo alla ripresa economica dalla pandemia. L’amministrazione di Joe Biden vorrebbe decarbonizzare la nazione, azzerandone le emissioni nette, ma nel breve periodo non riesce proprio a fare a meno del petrolio. Perché se la materia prima è cara anche la benzina ai distributori costa di più; e considerati poi gli intoppi alla logistica, l’inflazione che sale più del previsto e il malcontento degli americani, la Casa Bianca avvertiva l’urgenza di intervenire. L’OPEC+ infatti, il gruppo dei grandi esportatori capeggiato da Arabia Saudita e Russia, sta limitando la produzione e non vuole saperne di cambiare approccio. Da mesi Biden e i suoi collaboratori mettevano pressione al gruppo perché liberasse più barili, ma senza successo. Il G20 di Roma ha offerto al presidente l’occasione di compattare i maggiori consumatori di greggio in vista di un’azione coordinata. Che, ieri, è arrivata.

Non saranno solo gli Stati Uniti a dare fondo alle riserve infatti, ma anche l’India, il Giappone, la Corea del sud e il Regno Unito. E, soprattutto, la Cina. La mossa è notevolissima, per diversi motivi.

L’articolo completo è stato pubblicato su “il manifesto” del 24 novembre 2021 con il titolo “Il petrolio unisce Cina e Usa: contro la crisi e per sfidare l’Opec+”.

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Marco Dell'Aguzzo

Giornalista: mi occupo di energia e di tecnologie per la transizione ecologica. Mi trovate su Wired, Linkiesta e Startmag.