La transizione energetica non è una linea retta

L’Organizzazione metereologica mondiale (WMO), una branca delle Nazioni Unite, è stata chiara nel suo ultimo rapporto: nel 2020, nonostante i lockdown, i livelli di anidride carbonica nell’atmosfera sono cresciuti più della media dell’ultimo decennio. La COP26 sui cambiamenti climatici è vicina, ma il mondo è «completamente fuori strada» e deve rivedere in fretta i suoi sistemi di trasporto, produzione industriale e generazione energetica, dice il segretario generale della WMO, Petteri Taalas. Perfino l’Agenzia internazionale dell’energia ha invitato a moltiplicare gli investimenti nelle fonti pulite per contrastare il riscaldamento globale. Ma i leader politici che si riuniranno a Glasgow sembrano portatori più di moderazione che di radicalità, e la stessa transizione ecologica si sta rivelando un processo denso di contraddizioni.
Molte delle maggiori economie mondiali hanno preso l’impegno a ridurre, anche fino allo zero netto, le proprie emissioni di gas serra e ad accelerare con gli impianti rinnovabili. Negli Stati Uniti di Joe Biden ad esempio, che vogliono guidare l’azione per il clima, la neutralità carbonica è un imperativo politico, però il presidente ha chiesto aiuto all’industria del petrolio per arginare l’aumento della benzina: il prezzo del greggio è sopra gli 84 dollari al barile; e se i carburanti per i trasporti si fanno cari, le merci nei negozi costano di più e la ripresa economica ne risente. Per di più, le grandi aziende minerarie americane hanno già venduto in anticipo quasi tutto il carbone che estrarranno nel 2022.
L’articolo completo è stato pubblicato su “il manifesto” del 30 ottobre 2021 con il titolo “La crisi energetica interroga i «grandi»”.