Idrogeno, elettrico, SAF: le tecnologie per gli aerei a emissioni zero

Volare ci piace più di quanto dovrebbe. Dal 1987 a oggi le emissioni di anidride carbonica del trasporto aereo sono raddoppiate, arrivando a rappresentare il 2,5 per cento del totale mondiale. Può non sembrare una cifra troppo preoccupante, ma lo diventa se si pensa che – così dicono le previsioni dell’International Air Transport Association – dal 2021 al 2050 il numero dei passeggeri passerà da 2 a 10 miliardi. Significa che più ci avviciniamo alla data-limite per la neutralità climatica, e più aerei di linea ci saranno nei cieli a bruciare carbonio. Boeing, che questi velivoli li costruisce, pensa che la flotta aerea globale dovrà raggiungere le 47.000 unità entro il 2040 (nel 2019 erano circa 26.000) per soddisfare la domanda che verrà. Ryanair, che fa volare le persone low-cost, si è portata avanti e ha ordinato trecento nuovi modelli all’azienda americana.
Se si vuole allineare il trasporto aereo alla transizione ecologica, volare deve diventare un’attività più sostenibile. Il problema è che una tecnologia pulita, vincente e disponibile – qualcosa di paragonabile all’alimentazione elettrica per le automobili, in sostanza – non c’è. Gli aerei elettrici sono un’ipotesi remota per alcuni e irrealizzabile per altri, dato che le batterie pesano troppo e non sono abbastanza performanti per le rotte lunghe. L’idrogeno, un combustibile che non rilascia CO2 quando brucia, è una possibilità ma è complicato da gestire. Le opzioni per un intervento diretto sulle emissioni rimangono due: l’efficienza e i SAF.
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