Le batterie naturali vogliono salvarci dalla geopolitica
La ricerca scientifica nel campo delle batterie si sta concentrando sulla sostituzione dei metalli rari con alternative più economiche – le chimiche al litio-ferro-fosfato anziché al nichel-manganese-cobalto; le batterie al sodio anziché al litio – in modo da ridurre il costo della transizione ecologica e il rischio della dipendenza dalla Cina: Pechino è il paese dominante nella raffinazione di pressoché tutti i minerali critici. L’innovazione più dirompente è quella della batteria allo stato solido, potente, piccola e sicura. In alcuni casi, però, si sta prendendo ispirazione dalle civiltà antiche per cercare di sviluppare accumulatori fatti di materiali naturali abbondanti e abbordabili.
L’idea è di sfruttare il sale o la sabbia, ad esempio, per conservare il surplus di energia prodotto dagli impianti eolici e fotovoltaici – incostanti poiché dipendenti dal meteo – in forma di calore. Ad oggi, infatti, manca ancora una tecnologia economica e in grado di stoccare l’energia rinnovabile per lunghi periodi di tempo: le batterie agli ioni di litio, le più diffuse, costano tanto, rischiano di prendere fuoco e soprattutto hanno una capacità di stoccaggio limitata a qualche ora.
L’intuizione delle batterie termiche naturali arriva da lontano.
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