Gli imprenditori tech si sono buttati sulla fusione nucleare

La crisi dei prezzi del gas e lo spettro di un’interruzione delle forniture dalla Russia hanno spinto l’Unione europea a prestare molta più attenzione del solito alla sicurezza energetica, e di conseguenza a rivalutare una fonte spesso controversa: il nucleare. Il mese scorso il Parlamento di Strasburgo ne ha approvato l’inserimento nella “tassonomia”, l’elenco delle attività economiche sostenibili proposto dalla Commissione, e alcuni stati membri, come la Germania, hanno rivisto i piani di dismissione delle centrali.
Dall’altra parte dell’oceano Atlantico, invece, l’energia nucleare ha catturato l’interesse – e attirato gli investimenti – di una buona fetta del mondo imprenditoriale che gravita intorno alla Silicon Valley e all’industria dell’IT. I capitali si stanno dirigendo verso una tecnologia specifica, potenzialmente rivoluzionaria ma anche estremamente complessa e dunque ancora in fase di sviluppo: i reattori a fusione nucleare.
Le centrali nucleari tradizionali seguono un processo di fissione, che permette di ottenere grandi quantità di energia elettrica senza emettere gas serra e senza dipendere dal meteo, a differenza degli impianti eolici e fotovoltaici; produce però scorie radioattive. La fusione imita invece la reazione che alimenta il Sole e le stelle: funziona all’opposto della fissione (non spezza i nuclei di atomi pesanti ma unisce quelli leggeri, come da nome), ne riprende i vantaggi e ne risolve il problema principale, generando meno rifiuti, dalla bassa radioattività e dal decadimento più rapido. Lo svantaggio della fusione è che è difficile da far funzionare e mantenere stabile: richiede temperature altissime e potenti magneti (di solito) che contengano il plasma. Al momento, poi, questo processo consuma più energia di quella che produce.
Negli Stati Uniti il CHIPS and Science Act, il piano da 280 miliardi di dollari per l’innovazione tecnologica e la ricerca scientifica, contiene fondi e incentivi per lo sviluppo della fusione. Più in generale, l’amministrazione di Joe Biden ha assegnato un valore strategico al nucleare, ritenendola una fonte importante per la sicurezza nazionale e per il contrasto dell’influenza energetico-politica della Cina nel mondo.
Nonostante le difficoltà tecniche, nel paese è pieno di promettenti startup di fusione nucleare. L’interesse del governo – non solo di quello americano: anche il ministro della Transizione ecologica Roberto Cingolani la menziona spesso – deve aver creato fermento tra gli imprenditori amanti delle disruptive technologies.
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