Alla ricerca dell’idrogeno bianco

Il presidente Emmanuel Macron ha un piano grande e green per il nord della Francia: vuole trasformare l’area di Dunkerque, un vecchio centro carbonifero-siderurgico oggi impoverito, in un polo delle nuove industrie della sostenibilità, con fabbriche di batterie e di materiali intermedi. Il tema della riconversione è centrale nei programmi di transizione ecologica perché i governi devono assicurarsi che il passaggio all’energia pulita lasci indietro meno persone possibile, e che magari diventi l’occasione di un rilancio economico.
Potrebbe essere il caso anche della Lorena, un’altra regione francese, situata a nord-est e caratterizzata dalle miniere di carbone, via via abbandonate dagli anni Settanta con la diffusione delle centrali nucleari. Proprio in quei bacini carboniferi apparentemente incompatibili con la rivoluzione verde è stata fatta una scoperta forse straordinaria: un deposito ricchissimo, così sembrerebbe, di idrogeno bianco. L’idrogeno è considerato la grande promessa della transizione energetica: un combustibile privo di CO2 che potrebbe permettere la decarbonizzazione delle industrie dipendenti dalle fonti fossili e difficili da elettrificare. L’idrogeno, però, è praticamente introvabile allo stato libero, ma solo in forma di composti – nell’acqua con l’ossigeno o nel metano con il carbonio – dai quali va estratto. Si parla perciò di idrogeno grigio se è ottenuto dal metano, rilasciando gas serra; oppure di idrogeno verde se viene prodotto tramite elettrolisi con elettricità rinnovabile.
Grigio e verde sono solo le due varietà più nominate, ma l’elenco dei colori dell’idrogeno è lungo. Eppure di idrogeno bianco non si parla praticamente mai. Il motivo è che è davvero raro.
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