Si può conservare l’idrogeno sotto sale

L’idrogeno è davvero la grande promessa della transizione ecologica. Oltre a essere un combustibile privo di carbonio e ricavabile dall’elettricità pulita, è anche un “contenitore” per l’energia generata dagli impianti eolici e fotovoltaici: significa che può custodire l’energia rinnovabile impiegata per produrlo in modo da riutilizzarla successivamente, quando la richiesta di elettricità è alta ma il vento o il sole scarseggiano. L’idrogeno, insomma, è in grado di svolgere la stessa funzione di una batteria, ma per periodi di tempo molto più lunghi: per mesi, anziché per qualche ora soltanto.
Ma se l’idrogeno permette di conservare l’elettricità verde, come si fa a conservare l’idrogeno? In forma gassosa è piuttosto “sfuggente”: le sue molecole, cioè, sono più piccole di quelle del metano (il componente principale del gas naturale che siamo soliti consumare) ed è quindi più probabile che si verifichino delle fughe. Lo si potrebbe conservare in forma liquida, tuttavia il processo di liquefazione spreca parecchia energia e richiede temperature bassissime (-253 gradi Celsius, poco al di sopra dello zero assoluto).
Il metodo più efficace, allora, sembra essere quello delle caverne saline, che hanno il vantaggio di non essere una soluzione inedita bensì ben rodata, visto che il settore gasiero vi ricorre da decenni per stoccare il gas fossile in attesa del momento del bisogno. Il procedimento è semplice da riassumere: per prima cosa si individua e si raggiunge un deposito salino sotterraneo; dopodiché vi si inietta dell’acqua in modo da sciogliere il sale; poi si procede all’estrazione della salamoia; infine, la cavità creata artificialmente viene riempita di gas naturale. Con l’idrogeno il processo è sostanzialmente lo stesso. Ma le differenze non mancano, e infatti lo stoccaggio “sotto sale” dell’H2 è una possibilità che – seppur promettente – deve ancora trovare un’applicazione industriale su larga scala.
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