La rete elettrica ha bisogno di un aggiornamento tecnologico

Per accogliere le fonti rinnovabili e decarbonizzare i consumi energetici, la rete elettrica dovrà cambiare. Dovrà diventare più grande, innanzitutto, in modo da raggiungere le turbine eoliche e i pannelli solari sparsi sul territorio e nelle acque; e dovrà farsi più flessibile, per gestire gli eccessi o i difetti di produzione basata sul meteo di questi impianti. A dire il vero, c’è dell’altro: la rete infatti non si regge solo sul bilanciamento costante di domanda e offerta, ma anche sul mantenimento della stabilità della frequenza. In generale, le reti elettriche globali sono in corrente alternata e hanno una frequenza di 50 hertz (è il caso dell’Italia) o di 60 Hz (negli Stati Uniti, ad esempio).
Oggi la stabilità della frequenza è garantita dalle turbine a vapore presenti nelle centrali a gas e nucleari, che attraverso la loro rotazione continua e sincronizzata con la rete permettono di limitare la fluttuazione del sistema. È un fenomeno chiamato inerzia, che l’Economist ha semplificato in maniera efficace: le turbine “vogliono” girare e resistono al cambiamento; questa caratteristica si trasferisce alla rete attraverso i campi elettromagnetici che uniscono le macchine all’infrastruttura. In sostanza, maggiore è il numero di turbine – e dunque di centrali a gas, nucleari e idroelettriche – collegate alla rete, maggiore è l’inerzia e più stabile è la frequenza.
I pannelli fotovoltaici, che nel giro di una manciata d’anni faranno la parte del leone nel mix elettrico, non ruotano, però. Le turbine eoliche sì, ma non in sincronia con la rete.
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