L’energia geotermica prova a uscire dalla nicchia

Pochi giorni prima di Ferragosto è entrato in vigore il cosiddetto decreto FER 2, ovvero il provvedimento a supporto della realizzazione di impianti energetici da fonti rinnovabili «innovativi o con costi di generazione elevati». Rientrano in questa definizione l’eolico offshore, più complesso di quello a terra; il fotovoltaico galleggiante in acqua; il solare termodinamico, che trasforma il calore in elettricità; il biogas, ottenuto dalla fermentazione degli scarti organici; il moto ondoso e le maree. Tra le tecnologie incentivate dal decreto ci sono anche quelle per la geotermia, una fonte rinnovabile con una lunga storia in Italia – la prima centrale geotermica al mondo fu quella di Larderello, vicino Pisa, nel 1911 – e con un potenziale elevato, ma che il nostro paese utilizza poco: a giugno le rinnovabili hanno coperto oltre la metà della domanda elettrica nazionale, però il geotermico ha contribuito con una quota del 3 per cento appena, contro il 46 per cento dell’idroelettrico e il 30 per cento del fotovoltaico, dicono i dati di Terna.
La geotermia, in verità, è trascurata a livello internazionale – vale lo 0,2 per cento della fornitura globale di elettricità, secondo BloombergNEF –, ma la transizione ecologica potrebbe darle l’occasione per espandersi. Sfruttando le acque e i vapori provenienti dalle sorgenti di calore nel sottosuolo della Terra, le centrali geotermiche producono infatti elettricità in maniera continuativa e a zero emissioni di gas serra: due qualità molto apprezzate per decarbonizzare il mix di generazione elettrica e per bilanciare la presenza crescente del solare e dell’eolico, che dipendono dal meteo e da sistemi di stoccaggio ancora molto costosi.
Ci sono dei motivi, tuttavia, se quella geotermica è un’energia “di nicchia”: i principali sono i vincoli geologici all’accesso alla risorsa e gli alti rischi iniziali di investimento che gli operatori devono assumersi. Se infatti il potenziale ventoso e solare di un’area è piuttosto semplice da stabilire, lo stesso non si può dire del potenziale geotermico perché la risorsa si trova sottoterra e va raggiunta perforando il terreno; solo dopo l’esplorazione si può avere conferma se la resa effettiva coincide con quella stimata.
Il decreto FER 2, annunciato ben sei anni fa, prevede degli incentivi per gli impianti geotermoelettrici tradizionali a basse emissioni di ammoniaca e per quelli a emissioni nulle che reiniettano i fluidi nelle formazioni di provenienza: nel primo caso la tariffa di riferimento è di 100 euro al megawattora, nel secondo di 200 euro.
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