Il piano italiano per l’automobile

Marco Dell'Aguzzo
2 min readSep 27, 2024

È un momento critico per l’automotive europeo. Le immatricolazioni sono ai minimi da tre anni, trascinate in basso dal crollo dei veicoli elettrici (-44 per cento su base annua) e degli ibridi plug-in (-22 per cento) ad agosto. Volkswagen e Volvo hanno dovuto ridimensionare i piani sulla mobilità a batteria, ancora troppo costosa per imporsi sul mercato di massa, mentre Stellantis ha sospeso la produzione della Fiat 500e per mancanza di ordini. Le case produttrici riunite nell’ACEA hanno suggerito alle autorità europee di rivedere le regole sulle emissioni di CO2 a livello di gamma che entreranno in vigore l’anno prossimo perché le vendite di auto elettriche sono troppo basse e chi non rispetta i nuovi limiti rischia multe miliardarie.

Poi c’è la questione dei dazi sulla Cina. Il divario di competitività con i costruttori cinesi è grande, e le tariffe che dovrebbero aiutare a ridurlo potrebbero però compromettere le esportazioni dei gruppi europei – tedeschi, in particolare – in un mercato sì vasto, ma che tuttavia non garantisce più i numeri di un tempo: e infatti Mercedes-Benz ha lanciato un secondo allarme sugli utili per il 2024. Di tempo per adattarsi, comunque, non ce n’è molto, dato che il 2035 segnerà la fine o quasi del motore a combustione interna.

Tutto questo ha fatto da sfondo ai vertici istituzionali – la conferenza promossa dall’Ungheria, prima, e il Consiglio Competitività, poi – che si sono tenuti questa settimana sul futuro dell’industria automobilistica europea. L’Italia ha partecipato con un obiettivo: ottenere dalla Commissione il rinvio dei nuovi obblighi sulle emissioni e la revisione del divieto all’endotermico con lo scopo di preservare la capacità manifatturiera e tutelare l’occupazione.

Intervistato dal Financial Times, il ministro delle Imprese Adolfo Urso ha posto la questione in termini sia economici che geopolitici. I veicoli elettrici «costano troppo rispetto ai redditi degli italiani e degli europei», ha detto, e se l’Unione abbraccia questo cambio tecnologico con troppa fretta, senza aver prima sviluppato una filiera propria, rischia di finire dipendente dalla Cina. «Il rischio», ha spiegato, «è di passare dalla dipendenza dai combustibili fossili russi alla dipendenza da materie prime critiche provenienti, prodotte o lavorate in Cina».

Come illustrato alle associazioni di categoria e ai sindacati nazionali prima degli incontri europei, Urso ha chiesto di anticipare al 2025 – anziché al 2026 – la revisione del bando alle auto con motore termico e di adottare un approccio tecnologicamente neutrale: vale a dire inserire una deroga per i veicoli alimentati a biocarburanti, come quella che la Commissione ha già previsto per gli elettrocombustibili (o e-fuel) su pressione tedesca.

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Written by Marco Dell'Aguzzo

Giornalista: mi occupo di energia e di tecnologie per la transizione ecologica. Mi trovate su Wired, Linkiesta e Startmag.

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