La corsa politica alla fusione nucleare

Marco Dell'Aguzzo
2 min readJan 14, 2024
(Reuters)

La COP28 di Dubai è servita agli Stati Uniti per lanciare due grandi partnership internazionali sull’energia nucleare. La prima, la Declaration to Triple Nuclear Energy del 2 dicembre, è un impegno a triplicare la capacità nucleare globale entro il 2050 firmato da altri ventuno paesi: Francia, Finlandia, Paesi Bassi, Regno Unito, Giappone, Corea del sud, Emirati Arabi Uniti e non solo. La seconda, l’engagement plan del 5 dicembre, è invece dedicata alla fusione nucleare, una tecnologia potenzialmente rivoluzionaria ma lontana dall’affermazione commerciale, nonostante i grandi investimenti e qualche piccolo passo avanti.

Entrambi i documenti hanno un obiettivo climatico e uno politico. Quanto al clima, il nucleare è una fonte di energia pulita che, grazie alla sua continuità di generazione, può dare un contributo importante alla sostituzione dei combustibili fossili e al raggiungimento della neutralità carbonica. L’obiettivo politico, invece, è frenare l’espansione di Russia e Cina e convogliare gli investimenti nelle tecnologie americane e occidentali: dei trentuno reattori a fissione in costruzione nel mondo dal 2017, ben ventisette sono di progettazione russa o cinese. Entro il 2030, dice l’Agenzia internazionale dell’energia, il primo produttore di energia atomica sarà Pechino; l’Europa e il Nordamerica rischiano così di perdere rilevanza in un settore cruciale per la transizione ecologica.

L’accordo per la triplicazione della capacità nucleare si concentra sulle tecnologie disponibili di fissione, senza tuttavia dimenticare quelle emergenti: i piccoli reattori modulari promettono di trasformare la maniera di concepire e realizzare le centrali, ma stanno incontrando qualche ostacolo nello sviluppo. Il piano di coinvolgimento guarda invece più distante nel futuro, alla fusione nucleare che per il momento è ferma allo stato sperimentale. La fusione funziona all’opposto della fissione: non genera energia dalla divisione di atomi pesanti bensì dall’unione di atomi leggeri, senza rilasciare emissioni e senza nemmeno produrre rifiuti ad alta radioattività. Per farlo utilizza dei magneti o dei laser, ma il guadagno energetico netto – cioè la generazione di più energia di quanta ne viene consumata nel processo – è stato raggiunto solo due volte, entrambe dal laboratorio americano Lawrence Livermore, in quantità molto modeste e in maniera discontinua.

Attraverso l’engagement plan, gli Stati Uniti vogliono accelerare il progresso dell’energia da fusione. Gli ambiti di collaborazione con i trentacinque governi coinvolti sono la ricerca scientifica, lo sviluppo della filiera, la formazione del personale tecnico e la regolazione normativa, in modo da definire degli standard condivisi.

Continua a leggere su “Linkiesta”.

Sign up to discover human stories that deepen your understanding of the world.

Free

Distraction-free reading. No ads.

Organize your knowledge with lists and highlights.

Tell your story. Find your audience.

Membership

Read member-only stories

Support writers you read most

Earn money for your writing

Listen to audio narrations

Read offline with the Medium app

Marco Dell'Aguzzo
Marco Dell'Aguzzo

Written by Marco Dell'Aguzzo

Giornalista: mi occupo di energia e di tecnologie per la transizione ecologica. Mi trovate su Wired, Linkiesta e Startmag.

No responses yet

Write a response