Il problema del riciclo delle terre rare

Marco Dell'Aguzzo
2 min readOct 4, 2023

--

(Imagoeconomica)

Per costruire i veicoli elettrici e i dispositivi di energia rinnovabile, e dunque realizzare nel concreto la transizione ecologica, l’Unione europea avrà bisogno di metalli in quantità: litio e nichel per le batterie, argento per i pannelli solari, rame per i cavi elettrici, terre rare per i magneti delle auto e delle turbine eoliche. Per assicurarsi però che la transizione sia “sostenibile”, cioè il meno impattante possibile sull’ambiente, il blocco vorrebbe ridurre al minimo l’apertura di nuove miniere e incoraggiare piuttosto le pratiche di riciclo: in gergo si parla di urban mining, cioè di estrazione dei materiali critici dai prodotti giunti a fine vita e diventati rifiuti. Nel Critical Raw Materials Act, uno dei due strumenti di politica industriale per la rivoluzione verde, la Commissione fissa per l’appunto un obiettivo minimo interno di riciclo. Entro il 2030, almeno il 15 per cento del consumo annuale di metalli critici a livello comunitario dovrà provenire da attività di recupero effettuate da impianti dentro il territorio dell’Unione.

Il riciclo non è utile solo a ridurre gli sprechi e a limitare lo sfruttamento delle risorse naturali, ma anche a diminuire la dipendenza dall’estero dell’Europa per le nuove materie prime strategiche. Come ha evidenziato uno studio della Direzione generale del mercato interno, ad oggi pressoché l’intera domanda europea di metalli critici è soddisfatta dalle importazioni, provenienti spesso da nazioni problematiche come la Cina.

I metalli critici “più critici” di tutti sono forse le terre rare, un gruppo di elementi indispensabili per alcune tecnologie per le energie pulite ma anche per i dispositivi digitali e per il comparto della difesa. La filiera delle terre rare è controllata dalla Cina, che concentra il 70 per cento dell’estrazione mineraria globale, l’85 per cento della raffinazione (un processo molto dispendioso e inquinante) e oltre il 90 per cento della produzione di magneti permanenti al neodimio-ferro-boro. Ad oggi l’Unione europea praticamente non possiede né capacità minerarie né industriali sulle terre rare e ciò rappresenta un rischio, specialmente se si considerano le previsioni sull’aumento della domanda di questi materiali.

L’urban mining, secondo Bruxelles, permetterà di mitigare questo rischio. Oggi il riciclo contribuisce per meno dell’1 per cento alla domanda europea di terre rare, faceva notare il Financial Times, tuttavia l’obiettivo è di aumentare significativamente la quota nei prossimi anni. Ma le volontà politiche potrebbero scontrarsi con una serie di ostacoli tecnici, a cominciare dal fatto che il recupero delle terre rare dai rifiuti è difficile perché vi sono presenti in quantità ridottissime e sono pure legate insieme, il che complica la separazione dell’elemento desiderato (il neodimio, di solito) dal resto.

Continua a leggere su “Linkiesta”.

--

--

Marco Dell'Aguzzo
Marco Dell'Aguzzo

Written by Marco Dell'Aguzzo

Giornalista: mi occupo di energia e di tecnologie per la transizione ecologica. Mi trovate su Wired, Linkiesta e Startmag.

No responses yet